Premio Antonio Garzya 2023 – Proclamazione di vincitori

La Commissione esaminatrice designata per l’assegnazione del Premio Antonio Garzya, V edizione 2023, bandito il 6 marzo 2023 dall’Associazione Italiana di Studi Bizantini (AISB) per una tesi di laurea magistrale di argomento bizantinistico, si è riunita in data 29 settembre 2023. Dopo approfondita discussione, la Commissione ha stabilito all’unanimità di assegnare ex aequo il Premio Garzya al

dott. Davide Avogaro 

per la sua tesi dal titolo 
Il martirio premetafrastico di Eleuterio dell’Illirico (BHG 568-570d): edizione critica, traduzione e commento
discussa presso l’Università di Padova

e alla
dott.ssa Eleonora D’Onofrio 

per la sua tesi dal titolo 
Un codice e il suo committente: il Grec 1242 della Bibliothèque nationale de France
e l’imperatore Giovanni VI Cantacuzeno
discussa presso Sapienza Università di Roma

La proclamazione ufficiale è stata effettuata in occasione dell’Assemblea dei Soci del 23 febbraio 2024

Abstract Avogaro: Il presente lavoro propone edizione critica, traduzione e commento del martirio premetafrastico di Eleu terio, vescovo dell’Illirico (BHG 568-570d). Si tratta di un’opera agiografica adespota, composta, secondo l’ipotesi più verosimile, a Costantinopoli tra il V e l’inizio del VI secolo, e tramandata in un totale di undici testimoni: dieci completi, tra cui anche un palinsesto, più due frammenti che appartenevano in origine a un unico codice. Fu pubblicata nel 1901 da Pio Franchi de’ Cavalieri, in un’edizione, tuttavia, che presenta almeno due gravi criticità: include nella recensio solamente tre testimoni completi e un frammento, e stampa, con poche correzioni (non tutte, per altro, strettamente necessarie), il testo di un codice recenziore di XII secolo. La presente edizione, invece, si fonda su una recensio completa e, a partire dallo studio dei rapporti stemmatici tra i testimoni, mira a ricostruire il testo che si leggeva a Costantinopoli al più tardi nel IX secolo. Il lavoro è articolato in tre capitoli introduttivi, a cui seguono l’esposizione dei criteri editoriali adottati, l’edizione critica, la traduzione e le note di commento ai passi più problematici. Il primo capitolo offre una ricognizione del ricco dossier agiografico e innografico del santo, che annovera ventuno opere, in lingua greca, latina, siriaca, paleoslava, armena, araba, tra le quali numerose traduzioni e riscritture del martirio premetafrastico (il testo più antico del dossier). Il secondo capitolo include un’analisi tematica dell’opera, una disamina delle informazioni storiche in essa contenute, e un’esposizione sintetica del culto di cui godette il santo nell’antichità e nel Medioevo. Il capitolo mostra come il racconto della vicenda sia stato interamente costruito secondo i topoi caratteristici delle “passioni epiche” e come tutte le indicazioni che sembrerebbero conservare traccia di un nucleo storico si spieghino in realtà alla luce del loro valore simbolico. Il terzo capitolo è dedicato alla descrizione dei testimoni manoscritti e all’allestimento dello stemma codicum. Sono affrontati i tre principali problemi posti dalla tradizione: la grande quantità di innovazioni, introdotte consapevolmente dai copisti allo scopo di “migliorare” il testo tràdito; l’assenza di “errori distintivi”; le contaminazioni, che riguardano almeno due testimoni. Lo stemma che emerge è bipartito; a conferma della sua bontà, si può notare che i quattro testimoni italogreci appartengono tutti al secondo ramo. Infine, è discussa e motivata la scelta di ricostruire e stampare non il testo originale, ma il capostipite del primo ramo, per le seguenti ragioni: è difficile ricostruire le lezioni del capostipite del secondo ramo; i due rami oppongono tra di loro moltissime varianti adiafore; il primo ramo ha un valore storico importante, perché include testimoni antichi, quasi tutti prodotti probabilmente nella capitale.

Abstract D’Onofrio: Il codice Grec 1242 della Bibliothèque nationale de France è una straordinaria edizione di lusso delle Opere teologiche dell’imperatore Giovanni VI Cantacuzeno, che regnò sul trono di Costantinopoli dal 1347 al 1354, quando rinunciò al titolo imperiale per ritirarsi a vita monastica con il nome di Ioasaph. Il manoscritto, con ogni probabilità commissionato direttamente da Cantacuzeno, appare eccezionale sotto tutti i punti di vista: interamente realizzato in pergamena, munito di ben quattro sottoscrizioni e datato al 1370 e al 1375 dal copista Ioasaph, ha subito in itinere numerose modifiche, che contribuiscono a rendere la sua vicenda un piccolo enigma, non ancora del tutto svelato. Sebbene il Grec 1242 conservi oggi quattro opere, esso si apriva in origine con un quinto opuscolo polemico, che fu rimosso prima che i fascicoli fossero rilegati insieme: una complessa vicenda codicologica ricostruita nella seconda metà del secolo scorso dallo studioso francese Edmond Voordeckers. All’interno del manoscritto si conservano quattro preziose miniature, che si inseriscono nella tradizione iconografica bizantina in modo del tutto inedito e singolare, collocandosi, per così dire, a metà strada tra tradizione e innovazione: esse risultano pienamente subordinate al contenuto teologico delle Opere, in funzione del quale operano originali prestiti dal repertorio iconografico bizantino, che appare così rimodellato e adeguato in funzione di una nuova esigenza espressiva. La miniatura del Concilio, con la sua vivacissima e del tutto inusuale componente narrativa, sembra voler immortalare un preciso episodio della controversia palamitica, al fine di ribadire l’ortodossia dell’esicasmo, già precedentemente sancita da Cantacuzeno in occasione del concilio del 1351. La Trasfigurazione e il ritratto di San Gregorio di Nazianzo non solo invitano il lettore a una profonda riflessione circa le verità esposte dal testo, ma, per mezzo di un sofisticato meccanismo visuale e, per così dire, “psicologico-spirituale”, mirano a coinvolgerlo direttamente nell’esperienza mistica oggetto del testo e dell’immagine evangelica. Infine, il doppio ritratto di Cantacuzeno in veste di imperatore e di monaco invita l’osservatore a contemplare la grandezza straordinaria del Dio dei cristiani nella sua natura una e trina. Sottolineando implicitamente la superiorità della scelta di vita monastica sul mondo, il doppio ritratto dell’imperatore-monaco rappresenta la sua rinuncia alla dignità imperiale come un inestimabile guadagno, una volontaria morte al mondo per rinascere alla vita eterna. Così concepite, le quattro immagini costituiscono un coerente ciclo illustrativo che dovrà necessariamente essere considerato all’interno della complessa economia del manoscritto. La straordinaria macchina rappresentativa del Grec 1242 lascia così trasparire il profilo di un geniale concepteur, un esperto conoscitore delle Opere di Cantacuzeno e della dottrina in esse difesa.